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IL PRESEPE NAPOLETANO
La parola "presepe" significa letteralmente "mangiatoia" e per antonomasia
indica la mangiatoia, la greppia, nella quale, come è raccontato nel Vangelo di Luca, fu
collocato il Bambino Gesù alla sua nascita, non avendo la santa coppia di Maria e
Giuseppe trovato alloggio nella locanda ([Maria] peperit filium suum primogenitum, et
pannis eum involvit, et reclinavit eum in prasepio: quia non erat eis locus in
diversorio). A Napoli si ha notizia del presepe già nel 1025, in un documento che
menziona la Chiesa di S. Maria del presepe, e nel 1324 quando viene citata ad Amalfi una
"cappella del presepe di casa d'Alagni". Nel secolo XV compaiono i primi
"figurarum sculptores" che realizzano sacre rappresentazioni in chiese e
cappelle napoletane - le più importanti sono quelle dei presepi di San Giovanni a
Carbonara dei fratelli Pietro e Giovanni Alemanno, San Domenico Maggiore, Sant'Eligio e
Santa Chiara. Sono statue lignee policrome a grandezza naturale colte in atteggiamenti
ieratici di intensa religiosità, poste davanti ad un fondale dipinto. Verso la metà del
1500, con l'abbandono del simbolismo medioevale, nasce il presepe moderno per merito,
secondo la tradizione, di San Gaetano da Thiene che nel 1530 realizza nell'oratorio di
Santa Maria della Stelletta, presso l'Ospedale degli Incurabili, un presepe con figure in
legno abbigliate secondo la foggia del tempo. Nel corso del secolo iniziano
anche a comparire
i primi accenni al paesaggio in rilievo che sostituisce quello del fondale dipinto; al bue
e all'asinello - unici animali presenti nella rappresentazione - si aggiungono via via
cani, pecore, capre. Durante il '500 si intensifica anche la costruzione dei presepi con
figure di dimensioni sempre più ridotte fino a giungere alla realizzazione del primo
presepe mobile a figure articolabili, allestito dai padri Scolopi nel 1627. Il secolo
d'oro del presepio a Napoli è il '700 e coincide con il Regno di Carlo III di Borbone,
sovrano mecenate che riporta la città partenopea al livello delle più ferventi capitali
europee, alimentando una meravigliosa fioritura culturale e artistica, testimoniata anche
dalla magnifica produzione presepiale. Cambiano le tecniche di realizzazione del
"pastore" - termine con il quale s'individua qualsiasi personaggio presepiale -
sostituendo la statua scolpita, la cui realizzazione richiedeva troppo tempo, con
manichini con un'anima di fil di ferro, arti in legno e teste di terracotta ricavate da
piccoli stampi, che avevano anche il pregio di poter essere articolati come richiedeva il
personaggio, rappresentato nellatto in cui veniva colto, dando l'impressione del
movimento. Il "figurinaio" diviene una vera e propria professione, che coinvolge
anche le donne di casa adibite al taglio e cucito delle vesti, con specializzazioni
diverse, nella realizzazione di pastori, di animali di strumenti di lavoro e musicali, di
prodotto dell'orto e minuterie varie tutti riprodotti in scala. Tra questi eccelle
Giuseppe Sammartino e per gli animali Saverio Vassallo. Nasce lo "scoglio", una
sorta di sperone roccioso che, a seconda delle dimensioni può ospitare la scena del
"Mistero" (Maria, Giuseppe, Gesù, Angeli, bue e asinello) o costituire la base
per tutto il paesaggio presepiale. La grotta, con una miriade di Angeli che scendono
dall'alto viene sempre più spesso sostituita con le rovine di un tempio pagano; la scena
della Natività è sempre più defilata e quasi soffocata nello scenario circostante
sovrabbondante di personaggi e paesaggi, nei quali spicca il corteo dei magi reso più
esotico dal seguito dei "mori" abbigliati con vesti orientali dai colori
sgargianti. Aumenta il numero dei personaggi che diventano folla di contadini, pastori,
pescatori, artigiani, mendicanti, popolo minuto e notabili, tutti colti nelle loro
attività quotidiane o in momenti di svago, nei mercati, nelle botteghe, taverne, vie e
piazze in scorci di vita cittadina o paesana. Il presepe diventa una vera e propria moda.
Lo stesso re, abile nei lavori manuali e nella realizzazione di congegni, si circonda di
scenografi, artisti e architetti. Tra questi G. B. Nauclerio che, attraverso tecniche di
illuminazione, simulava il passaggio dal giorno alla notte e viceversa e ancora Cappello e
De Fazio nonché il dilettante Mosca impiegato e geniale presepista. La regina e le dame
di corte confezionano minuscoli abiti per i manichini con le stoffe tessute negli opifici
reali di San Leucio. Il presepio immenso, viene allestito in alcuni saloni del Palazzo
Reale di Napoli, con centinaia di personaggi e una gran cura per i dettagli. I nobili
naturalmente imitano il sovrano rivaleggiando tra loro per sontuosità e ricchezza dei
materiali utilizzati: gemme preziose, magnifiche stoffe catturano l'attenzione del
"popolino" - ammesso nelle case patrizie per ammirare il presepio - forse più
della scena stessa. Famosi i presepi allestiti per il principe di Ischitella, con i Magi
abbigliati con vesti dove brillavano innumerevoli gioielli. Il presepio si diffonde anche
presso il popolo partenopeo, anche se in forma naturalmente meno sontuosa; ogni casa ha
comunque il suo presepio seppure con pochi "pastori" raggruppati su un minuscolo
"scoglio", dentro la "scarabattola", una teca da appendere al muro o
tenere sul comò. E' tale la frenesia del presepe di Napoli da suscitare
le pur bonarie critiche dell'architetto Luigi Vanvitelli che nel 1752 scrivendo al
fratello Urbano a Roma, definisce il presepe una "ragazzata" pur rilevando
"l'abilità" e la "efficace applicazione" dei napoletani così
"goffi nel resto". E' chiaro che il presepe settecentesco, non a caso definito
cortese, di sacro conserva ben poco. Si rivela più una esperienza mondana dei nobili e
ricchi borghesi: l'avvenimento e il passatempo principale delle festività natalizie,
quando il re e la corte visitavano i presepi più rinomati della capitale del regno che
talvolta riuscivano a stupire anche la regina come accadde a Carolina nel 1768, alla
visita del presepe allestito nella chiesa di Gesù Nuovo. Tuttavia l'universalità e la
spettacolarità che si accompagnano all'evento presepio del '700 e le critiche che ne
conseguirono, nulla tolgono alla valutazione del fenomeno come concreta espressione d'arte
barocca naturalistica, né ai suoi caratteri di tangibile documento storico, descrittivo
dei costumi, delle usanze e delle tradizioni del popolo napoletano in un'epoca che vide
Napoli splendida capitale di cultura e d'arte e meta irrinunciabile di colti viaggiatori
italiani e stranieri. Dopo il regno di Ferdinando IV il presepe cominciò a decadere. La
maggior parte dei presepi furono definitivamente smontati, i pastori venduti o dispersi.
Di questi fantastici presepi non è giunto fino a noi quasi nulla. Tra i pochi salvati, va
ricordato il magnifico allestimento Cuciniello, donato dallo scrittore Michele Cuciniello
alla città di Napoli e conservato nel Museo della Certosa di San Martino.
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